KM 28.762 metri LO STRANO DESTINO DI VARAZZE
Città strana Varazze. Troppo lontana per essere parte integrata della piattaforma economica “Genova” e troppo defilata per essere parte integrante della provincia di Savona, che da sempre è decentrata verso ponente. Le rimaneva potenzialmente la possibilità di essere una sorta di capoluogo della “terra di nessuno” che poi “di nessuno” non era, essendo un comprensorio di oltre 50.000 residenti, quelli compresi tra Savona e Genova. Tuttavia, quest’ambizione non è mai davvero decollata e per molti motivi.
Se negli anni ’70 e ’80 in qualche modo la città era punto di riferimento tra i due capoluoghi, con il passare degli anni Varazze si è rinchiusa progressivamente in sé stessa, auto riducendosi lo spazio di azione a una presenza – per altro sempre più ridotta – nel turismo del ponente ligure. Cancellate le industrie, il turismo di accoglienza (al netto del business seconde case negli ultimi 15 anni) ci ha ridotto a pesare turisticamente parlando, circa la metà di Pietra Ligure o un quarto di Alassio.
Fermata fissa dei treni a lunga percorrenza, oggi è punto fisso dei soli treni locali con pochissime eccezioni, parificata a tutte le altre stazioni minori. La viabilità è quella di 70 anni fa con le strade statali verso l’interno sostanzialmente abbandonate. Nessun ufficio periferico tranne un distaccamento dei VV.FF che da 20 anni è in procinto di essere attivato.
A dire la verità di comprensoriale una cosa c’è stata ed è stata la discarica, il grande “buco nero” amministrativo della città degli ultimi 30 anni e i cui attori ancora oggi ritengono di essere importanti stakeholder locali. Per la Sanità la città ha rinunciato recentemente (non si è mai capita di chi sia stata la decisione) a qualunque ragionevole richiesta di ospitare almeno un ospedale di Comunità ed è sostanzialmente abbandonata ai servizi di trasporto di emergenza. In estate oltre 50.000 persone dipendono sostanzialmente e quasi esclusivamente dalle ambulanze.
Una macchina comunale, nonostante la grande volontà di alcuni soggetti che danno l’anima, assolutamente vetusta e arretrata e la difficoltà ad “attirare” personale in mobilità da altre Amministrazioni parlano piuttosto chiaro. Un calo demografico ancora più marcato, se possibile, dei Comuni analoghi. Insomma una città che al di là degli scintillii e l’effervescenza immobiliare, e di qualche evento estivo, fatica tremendamente a ritrovarsi o a definire una direzione e una identità.
Il rischio è di perpetrare una “non città”, priva di ogni anima culturale, sociale e morale: un semplice agglomerato di dimoranti magari part time, che verosimilmente dimenticheranno in fretta anche il nome di Santa Caterina o dei cantieri Baglietto (per quello già svenduti tempo fa) se mai fosse un problema.
Non so se è la città della quale hanno davvero bisogno i (pochi) giovani che la abiteranno in futuro.
Forse sì. Forse no.
Forse fa fine e impegna poco.
Sarebbe però il caso di parlarne un pò e seriamente.
Fermarsi un attimo e parlarne. Anche ai piani alti.
Perché così, certo si va avanti, ma tutte le uscite della strada vanno sbarrandosi, e a quel punto si avrà solo una grande strada rettilinea da percorrere con una bici con le ruote quadrate.
Temo sarà un bel problema per schiena e deretano. Di tutti.
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