Mancano molti mesi all’uscita di questo incubo. Incubo che ha ferito famiglie e affetti anche a Varazze dove si contano come quasi dappertutto, numerosi morti causati da questa nefasta epidemia. Un evento che ha ferito gravemente anche le economie della città: quella turistica prima di tutto, ma anche altre che vivono in settori economici troppo trascurati. Mi riferisco alle attività artigianali, culturali, navali, informatiche e manufatturiera.
Realtà spesso non particolarmente visibili che però occupano centinaia di persone, talvolta incapaci di farsi sentite e talvolta incapaci di comunicare le opportunità di lavoro e di business che possono creare. Questa crisi si inserisce all’interno di un tessuto economico decisamente debole (negli ultimi 20 anni l’Italia è al 170 esimo posto nel mondo per sviluppo ottenuto) e in un città che più di altre ha mostrato difficoltà strutturali a pianificare un futuro frutto di progetti e investimenti precisi. A mio parere Varazze è una città che ha spesso rinunciato a pensare davvero un futuro più forte e non solo avviluppato a una economia turistica importante ma anche molto sensibile a mille fattori come purtroppo in questi anni abbiamo imparato a nostre spese. Se ci limiteremo a subire, la sentenza dettata dal turismo è in qualche modo scritta. Non significa che il turismo non produrrà occupazione e profitti ma che lo farà sempre meno e con sempre minori margini. In questi ultimi anni si è pensato a sopperire con un’attività edilizia ipertrofica.
Un turismo che sopravviverà solamente se saprà ripensarsi con efficienza e modernità cosa – per essere onesti fino in fondo – cosa che non ha saputo fare negli ultimi 20 anni. Una sfida quasi impossibile che mostra però spiragli, a patto che non si continui con il solito “andazzo”. In questi anni si è cercato di sopperire con un’attività edilizia ipertrofica, stile anni ’50: si sta costruendo (ma non si doveva puntare sulle ristrutturazioni?) un pò dappertutto anche sfruttando l’assenza di un piano regolatore latitante da 7 anni. Quello però che più conta è la capacità di dare maggiori opportunità alle economie meno conosciute che abbiamo ricordato sopra, offrendo loro reali opportunità di spazi, di tecnologia disponibile, di facilitazioni fiscali e di servizi. Questo in cambio di progetti aziendali precisi, puntuali e concreti. Uno scambio utile e proficuo che una amministrazione della città dovrebbe favorire con soldi, servizi, progetti. E ciò non a parole o nei programmi elettorali. Ecco una delle condizioni per uscire dalla crisi pesante che si concretizzerà ancora nei prossimi mesi. Una sfida che si può ancora vincere se il nuovo sindaco facente funzione saprà davvero invertire la rotta .
Una persona da sola non basta a invertire la rotta. Occorre una visione a lungo termine di una Varazze proiettata verso il futuro, che coglie le opportunità che si presenteranno grazie anche ai fondi europei. Occorrono idee, progetti, voglia di fare. E occorrono le persone che credono che le cose si possano cambiare. In sintesi occorre avere un obiettivo comune e fare squadra.
Tutto ciò non lo può fare un sindaco da solo ma ci riuscirà un’amministrazione che agirà con convinzione e sarà capace di coinvolgere i propri concittadini, a cominciare dalle categorie economiche.