Alitalia, fossi stato un dipendente Alitalia avrei votato senza indugi “No” al referendum sull’accordo proposta dall’azienda. La certezza che in qualche modo una pezza con soldi pubblici – per l’ennesima volta – è più che consolidata dal fatto di essere in Italia, Paese dove le affermazioni decise sono affermazioni di probabilità e le affermazioni ipotetiche sono praticamente dei “mai”. Sentire ieri il Ministro Orlando smentire se stesso mi ha lasciato fisicamente con la bocca aperta e la mascella cadente: dopo che il Governo (lui) ha affermato più volte che non ci saranno soldi pubblici dei cittadini per pagare gli scempi Alitalia, ecco la solita ridicola scusa della compagnia di bandiera, o della necessità di assicurare i voli in Italia. Argomenti che fanno ridere i polli. In Alitalia i dipendenti (e hanno fatto bene per loro), hanno puntato “all in” sul Paese che è una barzelletta. Ora si è impegnati nel chiamare con nomi diversi (prestito ponte, finanziamento a scavalco, ecc) quello che non è altro che l’ennesima iniezione di soldi pubblici a fondo perduto in una fornace dove si sono portati via tutto (tranne il mobilio).
Di tutto questo ringraziano i lavoratori, quelli che nessuno considera e mediamente sono anche più qualificati dei mitici dipenditissimi Alitalia. Penso ad esempio, alle decine di migliaia di dipendenti delle aziende farmaceutiche in Italia lasciati a casa in questi ultimi anni, cento alla volta e senza sindacati. Quelli, tutti padri di famiglia, non se li è mai considerati nessuno, perchè non organizzati, deboli politicamente e che alla fine non offrono neppure i posti preferiti sull’aereo. Benvenuti in Italia.
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