Burocrazia. Oggi si viene a sapere che nonostante tutte le buone volontà, il contributo dei migranti economici (mediamente solo 1 su 20 sarà riconosciuto come rifugiato politico, quasi tutti ragazzi tra i 20 e i 30 anni, maschi provenienti dall’africa equatoriale) per lavori di pubblica utilità è fermo da tempo.
Il problema sarebbe che con lo scioglimento della Croce Rossa come ente nazionale si sarebbero scompigliati gli iter burocratici. Può essere. E’ anche vero che tale scioglimento è avvenuto da tempo e dunque non pare una cosa accaduta tra capo e collo.
La sensazione è che il Sindaco Bozzano dopo essersi accorto di essere il Comune più ospitale senza alcuna pianificazione, stia rilanciando con un’operazione “simpatia”. Non la critico, ma deve essere trasparente altrimenti i dubbi di strumentalità sorgono.
Ovvio che il contributo strettamente volontario per lavori socialmente utili sia una buona cosa e sia gradita. Ci mancherebbe.
Tuttavia dopo il “mitico” e super pubblicizzato lavoro svolto l’anno scorso alla Baia del corvo (sfalciamento dell’erba) poco si sa del contributo di questi ragazzi. Chi ha provato a chiedere, ha sempre ricevuto risposte piuttosto vaghe. Trasparenza vorrebbe che vi fosse un bell’ elenco di quando e quanto hanno fatto anche per poter apprezzare meglio il loro contributo.
Invece niente. Si vocifera, quasi fosse un segreto. E davvero non si capisce. Allora i dubbi ti vengono per di più se si scoprono “problemi burocratici” che come nelle migliori tradizioni non dipenderebbero dalla buona volontà. La proposta ci pare costruttiva e utile anche per rasserenare il clima sull’argomento: perchè il Comune di Varazze anche solo sul sito web, non rende pubblici e aggiorna costantemente i contributi e i progetti portati a conclusione dai volontari?
Ché poi ribadisco, con le parole di un noto economista italiano (di formazione marxista), Domenico Mario Nuti, professore emerito dell’Università “La Sapienza:
“Migrations involve the dilution of social capital freely appropriated by migrants while private capital is protected globally”
Quello è il testo originale (in inglese, perchè la frase è stata pronunciata alcuni giorni fa in un congresso internazionale) e questa la traduzione:
“Le migrazioni comportano la diluizione del ‘capitale sociale’ [il c.d. welfare state N.d.T.] di cui i migranti liberamente si appropriano, mentre il capitale privato rimane protetto a livello globale.”
Quindi anche il mito delle “risorse scarse” cade; le risorse, in regime capitalistico, sono “scarse” quando sono pubbliche e destinate ai lavoratori, mentre rimangono ben protette, a disposizioni di pochi, quando sono private.
Che domanda. Perché trasparenza e coerenza non sono nel DNA di questa amministrazione.
Paolo, mi sfugge la sorpresa.
Il lavoro volontario è -per l’appunto- “volontario”, cioè si fa liberamente, se si vuole.
Tutto l’altro lavoro (non volontario) DEVE ESSERE PAGATO CON LO STESSO SALARIO A PARITA’ DI LAVORO, non importa se lo fa un africano equatoriale, un italiano o un marziano verde con le antennine.
Costringere al lavoro “volontario” sa un po’ di corvee medievale (ma, forse, al medioevo stiamo tornando davvero).
Ciao. Certo che non si può costringere. Però vedi..se tu arrivi in un sistema che nel bene o nel male è così perchè ha utilizzato il contributo di lavoro e tasse di generazioni non puoi solo pretendere prima di aver dato anche tu qualcosa. Ovviamente quel sistema ha il dovere di assicurarti l’essenziale ovvero cure mediche, cibo, alloggio ma ha anche il diritto, in situazione di risorse limitate, di negarti ciò che non è essenziale. Non tutot è dunque dovuto perchè la parità non significa “tutto quello che hai tu, devo averlo anch’io”. Ma il discorso è lungo…Grazie per aver scritto.
Il lavoro è (o era !) il fondamento della nostra repubblica. Il lavoro è quindi un diritto e si deve garantire a tutti; chi lavora, sulla base delle condizioni contrattuali che regolano il “lavoro”, deve essere pagato e chi lavora ha il dovere di lavorare. Punto. Chi fa volontariato lo deve fare per scelta; libera scelta e non quale male minore o rapporto di potenziale e/o minimale garanzia sociale. A seguito di alcuni cambiamenti interni al mondo del lavoro, si è cercato di adattare il diritto del lavoro alle nuove sfide della contemporaneità riducendo alcune rigidità (così le hanno definite i falsi profeti) ed introducendo forme di flessibilità. La riforma del mercato del ha apportato dei cambiamenti pesantissimi che avrebbero dovuto portare ad una maggiore flessibilità ma a cui il nostro paese non era pronto, né economicamente, né culturalmente.
La passata stagione dei diritti del lavoratore (anni settenta, in cui vennero tradotti a livello legislativo i principi costituzionali, è finita. Ora c’è la stagione della precarizzazione del lavoro e dell’individuo, e quindi della società. Istituti, come quello della somministrazione di lavoro a tempo determinato, se non peggio o la mediazione delle agenzie di lavoro interinale, e altre porcate come quella dell’acquisto del cedolino “lavoro” dal tabaccaio, sia uno svilimento di quel mezzo di realizzazione umana che riconosce l’articolo 4 della nostra costituzione. Figuriamoci se uomini o donne, per male minore o per subdoli insidiosi e patinati “consigli”, si mettessero a fare lavoro semivolontario. Quai.
Perchè in un processo l’imputato ha la facoltà di non rispondere?
La risposta alla sua domanda finale a me pare scontata.