Ieri sul Corriere della Sera è stato pubblicato un lungo articolo che riguarda il recente articolo comparso nel mese di maggio sul Journal of Epidemiology, una delle riviste scientifiche più importanti al mondo nel settore. L’articolo redatto da esperti della Società Internazionale di Epidemiologia Ambientale (Isee), riguarda uno studio svolto sugli abitanti che vivono nell’arco di 5 km dalle discariche del Lazio che sono nove. Sono stati presi in esame le popolazioni interessati dal 1996 al 2012. Purtroppo i dati non sono buoni e indicano un’incidenza significativa di malattie polmonari in particolare dovute ad una sostanza (H2S) che si libera con la macerazione dei rifiuti. Il rischio effettivo è calcolato in un 10% in più di sviluppare malattie polmonari significative rispetto alle incidenza “normali” sul territorio.
Non sappiamo ovviamente se questo rischio si sia concretizzato anche in quell’enorme buco nero che è la discarica della Ramognina, affidata spesso ad autocontrolli. Ciò nonostante, immaginiamo nessuno farà verifiche epidemiologiche specifiche che in un Paese civile, oltre alle azioni di monitoraggio per altro inesistenti, dovrebbero essere a carico dei gestori.
In realtà i dati o alcuni dati ci sono. Riguardano il monitoraggio decennale delle cause di mortalità, studi effettuati dall’ASL 2 e che diedero alcuni dati anomali proprio nella popolazione femminile varazzina (e nella pianura albenganese) anziché dove ce li si aspettava (Vado e Quiliano). Ma quei dati pare non interessino più.
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